INSEGNANTI A RISCHIO BURNOUT
Il “burnout” è uno stato di esaurimento, la risposta ad una condizione
cronica di stress lavorativo. Riguarda prevalentemente le cosiddette
professioni di aiuto: psicologi, medici, infermieri, assistenti sociali,...
Recenti studi hanno individuato altre professioni a rischio, tra cui quella
dell’insegnante. Chi insegna, infatti, si trova quotidianamente esposto a stressor di tipo emozionale e relazionale,
tipici antecedenti della "sindrome da bruciatura". I docenti svolgono una
professione estremamente delicata in un contesto complesso.
COSA VIVE UN INSEGNANTE IN
BURNOUT
Lo stress vissuto quotidianamente da chi insegna può esporre al rischio
di burnout. Ma qual è esattamente il meccanismo sottostante a questa
problematica?
Nella sindrome da bruciatura, si vive innanzitutto un esaurimento emotivo: si ha la
sensazione di aver utilizzato eccessivamente le proprie risorse affettive,
esaurendole. Successivamente, segue uno stato di depersonalizzazione: per proteggersi dall’eccessiva attivazione
affettiva, si mette in atto un distacco dalle altre persone (colleghi,
genitori, studenti) e più in generale dal proprio lavoro. Infine, compare un senso di inefficacia personale, ossia
una percezione di incapacità e inadeguatezza.
Gli insegnanti “esauriti” si
sentono demotivati, provano la sensazione di aver bruciato tutte le risorse
cognitive ed emotive e di non riuscire a rispondere alle richieste del
contesto.
Il burnout genera diverse reazioni a vari livelli:
- emotivo: irritabilità, ansia, depressione;
- cognitivo: fatica a concentrarsi, difficoltà a prendere decisioni;
- fisiologico: disturbi somatici di tipo gastrointestinale o cardiovascolare;
- comportamentale: comportamenti ostili.
- assenteismo;
- riduzione delle prestazioni lavorative;
- adozione di comportamenti inappropriati in classe.
PERCHE’ ESSERE INSEGNANTI OGGI
E’ COSI’ DIFFICILE
Come mai gli insegnanti sono esposti a un rischio così elevato di
burnout? Quali sono le cause?
#1. A livello di rappresentazione sociale, la scuola oggi non gode più
dell’immagine di istituzione autorevole e prestigiosa. Sia gli alunni sia i
genitori talvolta faticano a riconoscere l’autorità degli insegnanti. Lo
dimostrano i fatti di cronaca che ogni giorno leggiamo sui giornali: vandalismo
a scuola, genitori critici e oppositivi, comportamenti aggressivi. Tutto questo
dice della rappresentazione che si ha
oggi a livello sociale della scuola: un’istituzione di cui non viene più
riconosciuta l’autorità. Di conseguenza, può accadere che gli insegnanti
stessi non si sentano legittimati nel proprio ruolo educativo e formativo,
provando malessere e disagio. Un tema cruciale riguarda il rapporto tra scuola
e famiglia, due istituzioni che oggi sembrano essersi allontanate ed entrate addirittura
in conflitto. Gli insegnanti si sentono
scarsamente supportati dai genitori nella loro funzione educativa. Gustavo Pietropolli
Charmet -noto psichiatra e psicoterapeuta, fondatore dell’Istituto Minotauro- definisce
le famiglie di oggi “affettive”, sottolineando la loro fatica a stabilire
regole e svolgere una funzione normativa. In realtà, le regole sono
fondamentali per il benessere nei bambini: dare dei limiti ha un’importante
funzione psicologica di rassicurazione. Le regole e le frustrazioni che
derivano da esse sono necessarie per lo sviluppo morale in infanzia. Molti genitori,
oggi, per paura di risultare autoritari e di perdere l’affetto dei propri
figli, tendono a non stabilire regole. E se non sono importanti le mie regole
come genitore, perché dovrebbero avere valore quelle della scuola?
#2. I problemi da affrontare a scuola sono innumerevoli. Il carico di lavoro di un insegnante è
estremamente elevato. Chi insegna non ha solo un compito formativo in senso
nozionistico, ma anche educativo. Insegnare non significa soltanto spiegare una
lezione e assegnare dei voti. Il carico lavorativo è di tipo emotivo/relazionale
e costituisce una grossa fonte di stress. Gestire le responsabilità (“come
posso educare al meglio?”, “come posso aiutare quell’alunno che fa fatica?”,
“come parlare ai genitori di un problema?”) è estremamente difficile. Le
situazioni delicate da affrontare sono all’ordine del giorno: l’alunno in crisi
perché i genitori si stanno separando, la fatica di chi è dislessico, un colloquio
difficile con i genitori. In una classe numerosa bisogna avere uno sguardo
particolare e individualizzato su ognuno, non solo come studente ma anche come
persona portatrice della propria storia di vita. Può capitare, inoltre, che di
fronte ad una difficoltà di un allievo l’insegnante non riesca ad intervenire o
non abbia i mezzi per farlo: questo può generare un senso di impotenza e di frustrazione.
A ciò si aggiunge il fatto che insegnare significa, di fatto, lavorare
anche oltre l’orario scolastico. L’insegnante trascorre molte ore al di fuori
dell’orario lavorativo non solo a preparare lezioni e correggere verifiche, ma
anche a stendere piani didattici personalizzati, frequentare corsi di
aggiornamento, partecipare a riunioni, preparare progetti. Ciò può generare un senso di sovraccarico, sia per la quantità di
lavoro che per le scadenze temporali entro cui completarlo.
#3. Al grande carico lavorativo
non corrisponde un adeguato riconoscimento sociale della professione. L’insegnante
oggi gode di poca stima; gli altri (personale non docente, genitori, studenti,
conoscenti che svolgono altre professioni) spesso non riconoscono a fondo il
valore e la difficoltà della professione.
Chi insegna si trova a vivere una condizione di scarso supporto e a vedere
considerato il proprio mestiere
socialmente poco prestigioso. Anche l’adeguatezza della remunerazione è un
aspetto fondamentale nella costruzione della propria identità lavorativa: è
fondamentale per sentirsi stimati, riconosciuti nel proprio impegno e di
conseguenza motivati per lavorare al meglio. Purtroppo, gli insegnanti ricevono una remunerazione inadeguata rispetto al
carico di lavoro da affrontare.
La psicologia dell’educazione oggi ha l’importante compito di
promuovere il benessere all’interno dell’ambiente scolastico, considerando tutti
i soggetti coinvolti: studenti, personale scolastico (docente e non), genitori.
Per prevenire condizioni di malessere è fondamentale considerare, oltre ad
aspetti materiali, anche la qualità della
dimensione relazionale sia nel rapporto alunno-insegnante sia in quello
scuola-famiglia.
Riferimenti bibliografici:
Charmet, I nuovi adolescenti.
Raffaello Cortina Editore, 2000.
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