L'IMPORTANZA DEL GIOCO NEI BAMBINI


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Fare in modo che i bambini siano messi in condizione di
giocare è di per sé una psicoterapia che ha applicazione
immediata ed universale” (Winnicott,1971).

GIOCARE È UN DIRITTO

Per i bambini giocare costituisce un vero e proprio diritto, riconosciuto dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia. La Convenzione, approvata dall'Assemblea Generale dell’ONU il 20 novembre 1989 a New York ed entrata in vigore il 2 settembre 1990, è un documento che riconosce i diritti di bambini e adolescenti. È stata ratificata da 191 Paesi, in Italia il 27 maggio 1991. L’Articolo 31 della Convenzione ONU afferma che1:

"Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica. Gli Stati parti rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale e artistica e incoraggiano l’organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali."

I bambini hanno dunque diritto di giocare, riposarsi e svagarsi.

LE FUNZIONI PSICOLOGICHE DEL GIOCO NELLO SVILUPPO

Il gioco va garantito ad ogni bambino perchè ha importanti funzioni dal punto di vista psicologico. Per i bambini giocare non costituisce un semplice passatempo, bensì una vera e propria attività intenzionale in cui investire tutta la propria attenzione e motivazione. Si tratta di un’attività spontanea e piacevole.
Giocare è fondamentale per promuovere lo sviluppo2:
  • cognitivo;
  • sociale;
  • emotivo;
  • motorio;
  • linguistico;
Osservare il modo in cui gioca il bambino permette di ricavare moltissime informazioni sul suo stato emotivo e cognitivo. Bambini con condizioni di disabilità intellettiva, disturbi dello spettro autistico o stati traumatici presentano caratteristiche modalità di gioco atipiche, che possono guidare lo specialista nel processo diagnostico e terapeutico3.


Attraverso il gioco il bambino impara a conoscere il mondo circostante e acquisisce abilità cognitive sempre più complesse. L’esposizione a nuove esperienze, l’esplorazione, la manipolazione degli oggetti favoriscono lo sviluppo mentale. Le modalità di gioco evolvono nel corso del tempo, parallelamente allo sviluppo cognitivo, diventando sempre più sofisticate4.
Le prime fasi dello sviluppo, di tipo preverbale, sono caratterizzate da un gioco senso-motorio. In assenza di linguaggio, il gioco si basa su azioni ripetitive, sia tramite il proprio corpo (ad esempio con il movimento di piedi o mani) sia tramite la manipolazione di oggetti. Il bambino con il gioco inizia a conoscere il proprio corpo e il mondo circostante.
A 15-18 mesi compare un gioco più sofisticato, definito gioco simbolico: esso è caratterizzato dall’attività di finzione (“far finta di”). Nel gioco simbolico un oggetto presente nell’ambiente viene usato con la funzione di uno assente tramite il pensiero e la fantasia5: così, un blocco di plastica assume la funzione di un telefono e il bambino fa finta di telefonare. Il contenuto del gioco è strettamente influenzato dalle esperienze vissute nel contesto familiare; i bambini tendono ad imitare le attività della routine quotidiana, ad esempio cucinare come la mamma, o ad assumere ruoli di personaggi conosciuti nei libri o in televisione. Il gioco simbolico è caratterizzato dall’attribuzione di stati interni ad oggetti inanimati: questo significa parlare con la bambola, imboccarla, iniziare poi ad attribuirle parole, motivazioni e azioni fino ad arrivare ad assegnarle sensazioni, emozioni e pensieri complessi.
Il gioco simbolico è fondamentale nello sviluppo sotto vari punti di vista. I bambini che giocano maggiormente con la fantasia in età scolare risultano più creativi, più abili nel linguaggio e nella comunicazione, più empatici e mostrano più emozioni positive.
A 6-7 anni di età, con l’ingresso a scuola, il gioco diventa più orientato socialmente. Si afferma il gioco con regole, dove la norma e l’assunzione di ruoli guidano la strutturazione dell’attività; nel gioco collaborativo i bambini devono raggiungere insieme un obiettivo comune, mentre nel gioco competitivo precise regole stabiliscono chi vince e chi perde6. Giocare diventa così un’attività fondamentale per l’acquisizione di capacità sociali e per lo sviluppo morale7.

Il gioco svolge importanti funzioni per il benessere emotivo del bambino ed è fondamentale per l’acquisizione dell’autoregolazione emotiva. Innanzitutto, si tratta di un’attività volontaria, piacevole e divertente, che consente di fare esperienza di emozioni positive. Inoltre, giocare consente ai bimbi piccoli che non hanno ancora acquisito il linguaggio (o a bambini affetti da disturbi come mutismo selettivo, autismo, stati post traumatici) di esprimere e comunicare sentimenti ed emozioni.
L’attività di gioco permette di esercitare una forma di controllo sulla realtà tramite l’immaginazione e la fantasia; ciò permette di sfogare emozioni negative connesse a stati di frustrazione o di realizzare desideri inconsci8. Ad esempio, per un bambino traumatizzato a seguito di maltrattamenti, il gioco consente di passare da una condizione di impotenza, propria della vittima, ad una posizione di padronanza (manipolando il materiale di gioco, sfogandosi sulla propria bambola,...).

Per il bambino è molto importante che i genitori giochino insieme a lui. La condivisione delle esperienze di gioco con gli adulti di riferimento è fondamentale dal punto di vista psicologico. La partecipazione dei genitori, specie in una condizione di affettività positiva, aiuta il bambino nella comprensione delle caratteristiche degli oggetti, della realtà circostante e nell’esplorazione sicura dell’ambiente. 



Riferimenti bibliografici:
1 http://www.azzurro.it/it/carte-e-convenzioni
2 Russ S., 2004. Play in Child Development and Psychotherapy: Toward Empirically Supported Practice. Mahwah, NJ: Lawrence Erlbaum Associates.
2,8 Vygotsky, L.S., 1966. Play and its role in the mental development of the child. Voprosy Psikhologii [Psychology Issues], 12(6), 62–76.
3 Krasnor, L.R., & Pepler, D.J., 1980. The study of children's play: Some suggested future directions. New Directions for Child and Adolescent Development, 85–95. 
4 Piaget, J., 1962. Play, Dreams, and Imitation in Childhood. New York: W.W. Norton and Company Inc.
5 Fein, G.G.,1987. Pretend play: Creativity and consciousness. In D. Oorlitz & J. F. Wohlwill (Eds), Curiosity, imagination, and play: On the development of spontaneous cognitive and motivational processes (pp. 281-304). Hillsdale, NJ: Lawrence Erlbaum Associates.
6 Parten, M.B., 1932). Social participation among pre-school children. The Journal of Abnormal and Social Psychology, 27(3), 243-269.
7 Bruder, M.B., & Chen, L.H., 2007. Measuring social competence in toddlers: Play tools for learning. Early Childhood Services, 1, 49–70.
8 Freud, S., 1920. Al di là del principio di piacere. Torino: Bollati Boringhieri. 

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